Tra Forza e Responsabilità


Non so da quanto tempo è cominciato a diminuire, fino quasi a spegnersi, il mal di testa che mi accompagnava prima, durante e dopo le classi di comunicazione. Non dopo tutte le classi, dopo quelle organizzate da me o da altri che avevano chiamato me per farlo, dopo le classi in cui la responsabilità di ciò che succedeva in campo era la mia. Per mesi, forse un anno, un anno e mezzo, all’inizio c’era la tensione, poi la fatica, poi un dolore fortissimo alla testa che non passava con il sonno, ma soltanto quando, alla fine, a classi concluse, ripensavo ai cani e mi rendevo conto che ognuno di loro era uscito al campo il più sereno possibile, con un’esperienza che poteva voler significare un cambiamento.

Adoro le classi. Ho imparato tanto sui cani grazie a loro e a chi mi ha insegnato ad osservare.

Adoro aiutare i cani ed adoro il comportamento sociale di ogni benedetto animale. Trovo che le classi possano molto sia per i cani che per i proprietari. Hanno portato tantissimo a me, quando ancora dovevo leggere Molly e quando dovevo cominciare a rileggere Kenya. Forse per me, ricerca olfattiva a parte, in ambito cinofilo non c’è niente di meglio. Niente più delle classi!

Però (cavolo!)…Che faticaccia! Che responsabilità! Quanto devi pensare! Quanto devi cambiare!

…E non si deve mai smettere di osservare, nelle classi. Non devi mai pensare di aver visto tutto. Mai dare per scontata la catalogazione di un comportamento.

Il cane – è vero – questosconosciuto…

Quando Molly ha fatto la sua prima classe, ed io con lei, in Italia ancora pochi sapevano di cosa esattamente si trattasse. Pochi offrivano la possibilità di farne, quei pochi, forse, erano gli unici ad averne le competenze.

Poi il fenomeno si è diffuso e così tutti i suoi sottoprodotti, tutte le sue emulazioni.

Oggi, in tanti propongono, almeno, delle “Puppy Class” (con puppy che magari c’hanno 10-12 mesi). Sempre più istruttori propongono Classi di Comunicazione, anche se non le definiscono tali, anche se non le pubblicizzano come se lo fossero…ma, di fatto, quello che fanno è chiedere ai cani interazioni con altri cani.

Giovedì, in Via del Campo, abbiamo avuto un pomeriggio di Classi.

Posso sentire ancora le emozioni, che poi svaniranno, ma non si porteranno dietro i ricordi. Ripenso ancora alle valutazioni mie e di Giulia, alle decisione prese, alle scelte fatte, a come stavano i cani. Rifletto su ciò che dobbiamo correggere, su ciò che dobbiamo imparare a mettere in parole, su ciò che dobbiamo approfondire. Rivivo la gioia di un cane più rilassato e quella di un cane che non vuole uscire. 🙂

…E penso a quanto è già da tanto che proviamo a mettere in parole, che forse un giorno arriveremo ad urlare o a scrivere sui muri.

Penso a cosa sono le classi per Andrea, Giulia e Marina, per i Cani di Via del Campo.

In passato (e forse può accadere ancora), ci siamo sentiti dire che i Cani di Via del Campo si siedono sull’erba e non fanno niente. Semplicemente…giocano! Onestamente trovo che giocare, giocare col tuo cane, non sia esattamente non fare niente e trovo che…si…c’è tanto, tanto lavoro ancora da fare se la gente pensa che mettere due, tre, quattro cani in interazione sia cosa da poco. C’è tanto lavoro da fare se ancora la maggioranza delle interazioni viene letta come “gioco”.

Quando ancora ero un’ANZIANA studentessa di Etologia, pensavo che avrei lavorato in Africa, ripercorso, insieme alla Gola di Olduvai, la storia dell’umanità, dell’evoluzione, dei grandi Antropologi, dei grandi Biologi, dei Naturalisti. Pensavo che avrei passato il tempo ad osservare il comportamento di una specie selvatica, di una di quelle inserite nella lista rossa dell’International Union for the Conservation of Nature and Natural Resources (IUCN) e che, con molta fortuna e molto impegno, forse avrei potuto cambiare qualcosa nel destino di quella specie. Poi ho conosciuto Alexa Capra e tutto è cambiato.

I cani. I cani che pensavo di conoscere. I cani che tutti pensano di conoscere e che tutti tentiamo di non umanizzare, mentendo a noi stessi e non considerandoli, in maniera probabilmente inconscia e radicata, nemmeno più animali. I cani. Quegli animali che abbiamo snaturato e cui chiediamo, ogni santissimo giorno, di vivere una natura non propria ed una socialità (la nostra) eccezionalmente aliena. I cani. Quelli che compiono miracoli e che in questa società aliena, ci stanno dentro con incredibile naturalezza. I cani. Così complessi, affascinanti e SCONOSCIUTI!!!

Una volta entrata nel mondo cinofilo, pensavo che tutti sapessero, che conoscessero e facessero del loro meglio per capire. L’illusione è durata attimi, non di più. Troppa presunzione, troppe mania di grandezza, troppa urgenza, voglia di non chiedersi, interrogarsi, voglia di dare una soluzione che accontenti chi può pagarti e chi, soprattutto, PUO’ PARLARE. Un giorno ho capito che io ero dall’altra parte del fiume, quella che va a monte e non a valle, quella scorre verso la foce, verso il problema, non quella che si apre nel mare, ad una soluzione comoda per tutti, tranne che per chi PARLARE NON PUO’!

Un giorno ho capito di voler far classi e di voler fare la mia parte per arrivare ad un approccio scientifico della cinofilia. Un giorno ho ritrovato un pensiero che mi aveva colto verso i 17 anni in una forma diversa. Nel 1997 (o giù di lì, non so se c’è stato, in realtà, un momento esatto) dissi a me stessa che l’uomo doveva capire di non essere altro dagli animali. Nel 2007 (o giù di lì, non so se c’è stato,in realtà, un momento esatto) dissi a me stessa che l’uomo doveva capire che i cani non sono altro dagli animali e che ogni animale ha una fisiologia ed un comportamento proprio e che l’unico modo per lavorare con una qualsiasi specie animale è conoscerla davvero. Così ho deciso di conoscerli davvero. I cani.

Faccio classi per portare una nuova luce sul comportamento sociale del cane (diretto agli altri cani, diretto a noi), faccio classi perchè ci credo, perché non c’è niente di più serio. Coltivo l’insana speranza che chi fa classi condivida la serietà delle interazioni, adoperi il pensiero e l’esperienza, abbandoni i preconcetti, apra ogni porta alle domande.

Faccio classi per difendere loro, per regalargli un traduttore, con cui farsi capire da noi, per preservare le loro emozioni ed il loro benessere. Faccio classi perché nessuno (cane o proprietario) si senta diverso o senza speranza. Faccio classi perché nella vita amo essere capita e perchè voglio garantire agli altri di essere compresi nello stesso modo. Faccio classi perché vedere un cane che sceglie mi emoziona. Faccio classi perché ogni individuo deve avere la sacrosanta libertà di scegliere. Nelle classi dei “Cani”, i cani scelgono sempre: andare, non andare,lavorare, non lavorare, divertirsi, fare altro. Noi crediamo di organizzare le classi, ma in realtà sono loro che ci dicono giorno per giorno cosa si farà e cosa no. Sono loro che, senza imposizioni e prepotenza, ci hanno dettato una regola: felici, felici sempre…quando entrano in campo, così come quando escono.

Sono una persona dalle poche regole. I miei cani ne hanno pochissime, in casa, in campo, nei prati. In Via del Campo c’è una regola ferrea: un cane non deve subire una classe, ne uscirne triste, preoccupato, non capito. Un cane non deve mai essere usato ad i nostri scopi. Se lui per primo non vuole una cosa, quella cosa non si farà.

Detto-fatto…ma è davvero facile? Lo è se li osservi. Lo è se li ascolti. L’esperienza di canile mi ha insegnato che alcuni cani gridano ed altri no. L’esperienza di Molly e del canile, mi ha aperto un mondo su quanta forza risieda dentro una creatura che rimane in silenzio. Questi magici anni, dal 2007 (adozione di Molly) – 2008 (mio ingresso in canile) ad oggi mi hanno aperto un mondo su cosa sia la forza, su cosa sia l’equilibrio e la capacità di continuare a camminare.

Teoricamente (e, ripeto, teoricamente) è piuttosto semplice capire un cane che urla, ma un educatore DEVE, prima di tutto, saper capire un cane silente. Un educatore DEVE, prima di tutto, riconoscere un cane forte, valutarlo, apprezzarlo e SENTIRLO. Un educatore deve preservare la forza per quello che è, cioè un bene prezioso, che però si consuma, si può perdere, che a volte deve essere rigenerata. Un educatore deve guardare il suo cane forte, quello che potrebbe risolvere tutte le situazioni e dirgli “Ok, quello che faremo oggi sarà soltanto aiutare un cane forte a vivere una giornata (una vita) da cane normale! Quello che faremo oggi è che tu farai quello che vuoi!”.

Ho due cani molto forti. “Tutor”, forse, li chiamerebbe qualcuno. I miei due cani forti non vedono cani (amici a parte) da mesi. Oggi andrò a lavorare e vedrò cani che avranno bisogno di cani forti. I miei due cani forti oggi staranno al sole e nell’acqua, giocheranno con le palline. La loro forza è un diamante che io ho il dovere di custodire gelosamente come la mia vita. Un cane forte va tutelato e salvato come l’acqua per il pianeta. Un cane forte è pur sempre un cane ed i cani (quanto è vero!!!) noi ancora non li conosciamo per niente.

Spero con tutta me stessa che lo sappiate, voi Educatori che fate le classi…

Marina